Ha scatenato polemiche in tutto il mondo la condanna a sei anni di reclusione per l’accusa di omicidio colposo plurimo comminata ai 7 componenti della Commissione Grandi Rischi, di cui 5 scienziati e due dirigenti della Protezione Civile. Un po’ dovunque, in Italia e all’estero, il mondo scientifico si è sollevato in difesa dei colleghi: la tesi è che gli scienziati siano stati condannati per non aver saputo prevedere il terremoto.
Se questa fosse davvero la motivazione della sentenza, i sismologi e i vertici della Protezione Civile avrebbero tutte le ragioni di protestare. I terremoti non si possono prevedere, questo lo sanno tutti. Alcuni tecnici (Giampaolo Giuliani in particolare) asseriscono di riuscirci in alcune precise condizioni, ma le loro metodologie non sono confermate con metodo scientifico, dunque attualmente sono inaffidabili.
Tuttavia, non è così: gli scienziati e i vertici della Protezione Civile non sono stati condannati per non aver previsto il terremoto. Sono stati condannati per aver fornito alla popolazione delle informazioni parziali, contraddittorie e sbagliate, che non hanno permesso di fare scelte consapevoli e meditate sull’atteggiamento e sulle precauzioni da seguire. In soldoni, la Commissione Grandi Rischi non ha fatto il suo lavoro: si è preoccupata di tranquillizzare, anche oltre il dovuto, la popolazione, trascurando di avvertire della possibilità che avvenissero fenomeni drammatici. Ancor più, non ha fornito indicazioni su come comportarsi in caso di scosse violente.
Della discrepanza tra la verità raccontata dal mondo scientifico (“una condanna alla scienza”) e la verità del tribunale (una condanna a 7 persone che non hanno svolto il loro dovere) si sono accorti in pochi. Tra di essi c’è l’Istruttore alla Harvard Extension School David Ropeik, che dalle pagine di Scientific American sposta giustamente il focus dal mondo della scienza a quello della comunicazione: “La Commissione Grandi Rischi – scrive Ropeik – ha fatto un terribile lavoro di comunicazione. Per la verità, gli scienziati non hanno comunicato affatto!” Difatti, dopo la riunione incriminata del 31 marzo 2009 (una settimana prima del sisma) gli scienziati lasciarono la città abruzzese senza rilasciare alcuna dichiarazione, mentre i due dirigenti della Protezione Civile si limitarono a tranquillizzare la popolazione, con interviste anche molto fuori luogo.
Ma, sostiene Ropeik, non sono gli unici a dover essere biasimati: anche la politica è da considerarsi tra i responsabili. “Come può – si chiede il professore – la Commissione Grandi Rischi non includere qualcuno che si occupi del lavoro vitale che è la comunicazione del rischio?” Insomma, per come era strutturata la commissione, era dovere degli scienziati informare i cittadini sui rischi e le possibili precauzioni: ma un sistema di prevenzione e di managment del rischio, come è la Commissione, che non tenga in considerazione specificamente il lavoro di comunicazione del rischio è pericolosamente inadeguato.
Inoltre, la Commissione ha fatto (o non ha fatto) tutto ciò sotto la spinta del potere politico, più interessato a normalizzare la situazione che a informare correttamente la popolazione: ne è una riprova una intercettazione di Guido Bertolaso, pubblicata da Repubblica, nella quale l’ex capo della Protezione Civile dà indicazioni sui contenuti che sarebbero dovuti uscire dalla riunione della Commissione, prima che la riunione avesse luogo, definendola “un’operazione mediatica per tranquillizzare la gente”. Per quella telefonata, lo stesso Bertolaso è finito sotto inchiesta dalla Procura dell’Aquila per omicidio colposo plurimo
In effetti mi sembrava strano che fossero stati condannati per non aver saputo prevedere il terremoto. Invece sono stati condannati per comunicato malissimo.
Sembra pero’ che la pessima comunicazione sia un tratto distintivo di questi personaggi che adesso continuano a comunicare in modo confuso, attaccando la magistratura, per per sembrare incolpevoli.
Che schifo.
Però, oltre a dire che hanno comunicato male, mi piacerebbe capire cosa avrebbero dovuto dire.
@Giovanni: Una giornalista del Corriere ha chiesto a Peter Sandman, un americano specialista della comunicazione del rischio, cosa avrebbe detto lui in quelle condizioni. La risposta è stata:
Non ci sono basi scientifiche per concludere che la probabilità che avvenga un forte terremoto sia più alta dopo queste scosse piuttosto che in altri momenti. Ma allo stesso tempo non ci sono nemmeno prove scientifiche che dimostrano che il forte terremoto non ci sarà. Probabilmente prima o poi qui ci sarà un altro forte terremoto, ma noi, semplicemente, non possiamo predire quando avverrà (o quando non avverrà). Ci dispiace poter offrire alla gente così poca assistenza ma la verità è che non siamo in grado di stabilire se lo sciame sismico debba essere motivo di preoccupazione oppure no. Normalmente, gli sciami sismici non sono seguiti da terremoti violenti. Ma “normalmente” non vuol dire “sempre”. Possiamo sicuramente capire perché molte persone di questa comunità si sentano più sicure a lasciare le loro case quando cominciano le scosse e non abbiamo prove scientifiche che dicano che farlo sia una sciocchezza.
Vedi: http://www.psandman.com/articles/LAquila.htm