Pubblicato in: Clima

Copenhagen: quali prospettive dopo lo stop di Obama?

di luca.pistolesi 23 novembre 2009
Lars Løkke Rasmussen

Lars Løkke Rasmussen

Dopo l’annuncio che a Copenhagen non sarà siglato nessun accordo vincolante sulla riduzione delle emissioni di gas serra, la comunità internazionale si chiede quali possano essere, dunque, gli obiettivi effettivamente raggiungibili. Barack Obama, autore insieme al leader cinese Jintao del declassamento del summit, ha tentato nei giorni scorsi di recuperare credibilità sul tema dei cambiamenti climatici, ribadendo l’importanza della discussione di Copenhagen e del suo approdo ad un accordo politico che serva ad avvicinarsi ad un vero accordo sulle emissioni da siglarsi in un nuovo summit in Messico l’anno prossimo.

Una prospettiva che, a questo punto, sembra la migliore possibile anche al Cancelliere tedesco Angela Merkel: preso atto dell’indisponibilità di Cina e Stati Uniti a trovare un accordo entro due settimane, la Merkel ha auspicato che il summit successivo possa essere fissato entro la prima metà del 2010. Purtroppo, però, nessuno potrà garantire che la nuova conferenza riesca dove prima Kyoto, poi Bali e infine Copenhagen hanno fallito.

E’ quasi riprovevole che siamo costretti a parlare al passato di un summit che tutti hanno definito “decisivo” e “l’ultima occasione utile per fermare i cambiamenti climatici” due settimane prima che cominci. Tanto più che, a testimoniare il loro impegno nella lotta ai cambiamenti climatici e la loro vicinanza alla Danimarca di Lars Løkke Rasmussen, che con tanto zelo ha preparato la Conferenza, saranno presenti fino ad ora confermati 65 tra capi di stato e di governo, tra cui quelli di Regno Unito, Germania, Spagna, Australia, Brasile, Indonesia, Giappone. Non hanno invece fatto ancora pervenire una risposta i leader di Stati Uniti, Cina e India. E non crediamo che si a un caso.

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