E’ riposta nei microrganismi la speranza di veder scomparire in tempi ragionevoli l’enorme chiazza di petrolio generata dal disastro della Deepwater Horizon, nel Golfo del Messico. Secondo quanto afferma la rivista Scientific American, l’ecosistema marino del Golfo è in grado di assorbire il colpo e di ritrovare l’equilibrio grazie alla presenza massiccia di batteri in grado di decomporre le molecole di petrolio.
Secondo gli scienziati intervistati da SA, i microbi che si nutrono di idrocarburi, come l’Alcanivorax borkumensis, sono in grado di ripulire letteralmente le acque del Golfo, come accaduto nell’incidente della Exxon Valdez in Alaska qualche anno fa. Generalmente questi microbi si nutrono del petrolio rilasciato (in quantità modeste, ovviamente) dalle navi e dalle piccole fuoriuscite delle trivellazioni. Di fronte a una quantità enorme di petrolio, la popolazione di microbi si moltiplicherà in brevissimo tempo, velocizzandosi da sola.
Per quanto però l’ecosistema possa far fronte da solo all’emergenza, i danni biologici della falla saranno comunque gravissimi. Inoltre, non è dato sapere quanto tempo servirà per veder scomparire il petrolio dall’acqua: potrebbe volerci relativamente poco per le chiazze in superficie, visto che i batteri agiscono meglio ad alte temperature e a basse pressioni, mentre per quelle in profondità il processo potrebbe richiedere molti anni.
Gli scienziati stanno anche pensando di introdurre nell’ecosistema microbi geneticamente modificati, per velocizzare il processo. Ques’ipotesi sembra però impraticabile per l’impossibilità di prevedere come la complessa comunità di microrganismi reagirebbe all’intervento esterno. L’unico modo per facilitare il compito dei batteri resta dunque quello di disperdere nelle aree inquinate agenti chimici in grado di scomporre le gocce di petrolio in goccioline finissime, più semplici da attaccare per gli “spazzini del mare”.