Pubblicato in: Clima

La storia a lieto fine del “bandito del clima”

di luca.pistolesi 14 marzo 2012

Si chiama Salvatore Barbera, è un attivista di Greenpeace Italia ed è stato protagonista di una storia (quasi) incredibile. Durante la Conferenza sui cambiamenti climatici di Durban, nella quale gli Stati erano chiamati a dare risposte sul tema dello stop alle emissioni di gas serra, Salvatore ha guidato una protesta simbolica e assolutamente non-violenta. Alcuni climbers di Greenpeace hanno dispiegato uno striscione su Palazzo Chigi, che recava la scritta “Il clima cambia, la politica deve cambiare“. L’obiettivo era chiedere alla politica italiana di impegnarsi attivamente per la riuscita del vertice.

Salvatore, responsabile della campagna energia e clima di Greenpeace, è stato identificato dalle forze dell’ordine in piazza. Il 6 dicembre, pochi giorni dopo, ha ricevuto dalla Questura della capitale un foglio di via obbligatorio, che lo costringeva a rimanere al di fuori del territorio di Roma per due anni. Un trattamento che di solito viene riservato ai mafiosi, che vengono allontanati dal luogo dove detengono i loro interessi, ben prima di una possibile condanna penale.

La reazione di Greenpeace non si è fatta attendere: essere accomunati a criminali è intollerabile, specialmente per degli attivisti ambientalisti e pacifisti. L’associazione ha presentato ricorso, e ha lanciato il sito web www.banditidelclima.org, con l’intento di dare sostegno a Salvatore, che nel frattempo ha dovuto spostarsi in provincia di Pistoia, suo luogo di residenza.

In poche settimane, il sito dei banditi del clima ha raccolto circa 10.600 fotografie di persone che si sono autoproclamate “banditi del clima”, al pari di Salvatore. “Se un attivista di Greenpeace è un bandito – si legge nel sito – allora tutti noi siamo banditi del clima”. Anche grazie a questa iniziativa, il 24 febbraio il foglio di via per Salvatore è stato ritirato.

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